Netflix continua ad arricchire il suo catalogo di docuserie true crime con “Cold Case: chi ha ucciso JonBenét Ramsey”, una produzione diretta dal regista candidato all’Oscar Joe Berlinger, già noto per successi come The Ted Bundy Tapes e Paradise Lost: The Child Murders at Robin Hills. Questa nuova serie, composta da tre episodi, esplora uno dei casi di cronaca nera più controversi degli Stati Uniti: l’omicidio della piccola JonBenét Ramsey, avvenuto il 26 dicembre 1996 a Boulder, in Colorado.
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Cold Case-chi ha ucciso JonBenét Ramsey: la trama
La storia di “Cold Case: chi ha ucciso JonBenét Ramsey” si concentra sull’omicidio della bambina di sei anni, avvenuto il giorno dopo Natale nel 1996. La mattina del 26 dicembre, i genitori John e Patsy Ramsey scoprirono che JonBenét era scomparsa. La situazione si fece ancora più inquietante quando trovarono una lettera di riscatto nella loro abitazione. Tuttavia, poche ore dopo, John Ramsey rinvenne il corpo senza vita della figlia nella cantina della casa. JonBenét era stata abusata sessualmente e brutalmente uccisa.
Fin dall’inizio, la polizia di Boulder, inesperta in casi di omicidio, considerò i genitori come principali sospettati. Questo portò a una frenesia mediatica senza precedenti, con giornali e televisioni che puntarono il dito contro la famiglia senza offrire il beneficio del dubbio. L’omicidio di JonBenét si trasformò così in un’ossessione nazionale che, dopo oltre 28 anni, rimane irrisolta.
Quando esce
Il 25 novembre 2024 esce la serie “Cold Case: chi ha ucciso JonBenét Ramsey” sarà disponibile in streaming su Netflix.
La storia vera che ha ispirato la docuserie
L’omicidio di JonBenét Ramsey resta uno dei casi irrisolti più enigmatici degli ultimi decenni. La vicenda inizia il 26 dicembre 1996, quando John e Patsy Ramsey si svegliano nella loro casa di Boulder per scoprire che la loro figlia è scomparsa. Una lettera di riscatto, trovata al piano di sotto, suggeriva un rapimento. Ma poche ore dopo, il corpo di JonBenét venne ritrovato nella cantina della casa. L’autopsia rivelò che la bambina era stata strangolata e abusata sessualmente.
Gli errori nelle indagini
La polizia di Boulder, poco preparata per un caso di questa complessità, commise diversi errori. Tra questi, la scena del crimine venne contaminata e alcune prove non furono raccolte correttamente. Anche l’attenzione dei media contribuì a distorcere la percezione pubblica, con i genitori spesso descritti come i principali sospettati.
John Ramsey, un uomo d’affari di successo, e Patsy Ramsey, ex reginetta di bellezza, si trovarono al centro di un’incessante attenzione mediatica. Nonostante la mancanza di prove concrete contro di loro, l’opinione pubblica rimase divisa.
False confessioni e nuove piste
Nel 2006, un insegnante di scuola elementare, John Mark Karr, confessò il crimine, ma successivamente si scoprì che il suo DNA non corrispondeva a quello trovato sulla scena del delitto. Anche la sua posizione al momento del crimine si rivelò incompatibile con i fatti. Nel 2008, il procuratore distrettuale di Boulder scagionò ufficialmente i membri della famiglia Ramsey da ogni accusa, ma il caso non venne mai risolto.